25.04.2024

Bambino leucemico muore a causa del morbillo

Se il tragico decesso di un bambino a causa del morbillo, avvenuto circa un mese fa nell’operosa Svizzera, aveva immediatamente confutato tutte quelle scemenze da bar che prevedevano la patologia come innocua o addirittura utile a fortificare il sistema immunitario infantile, la subdola malattia ha purtroppo trovato un’ulteriore coda nel nostro Paese, mostrando quali e quanti sono i reali rischi che si corrono in assenza di vaccini e misure profilattiche.

All’Ospedale San Gerardo di Monza, un bambino di soli sei anni, da tempo malato di leucemia, è infatti deceduto per via delle complicazioni originate dal morbillo; patologia trasmessagli dai fratelli maggiori, inutile dirlo, non vaccinati per volontà dei genitori, alle prese con una scelta stupida, resa ancor più stupida dal fatto che il figlioletto si trovasse ad avere un sistema immunitario devastato dalla leucemia e fosse dunque maggiormente esposto al rischio di contagio.

Morto nel giro di pochi giorni dalla contrazione della malattia, a causa di una serie di complicazioni cerebrali e polmonari impossibili da contrastare adeguatamente, nonostante le cure del personale in servizio presso l’ospedale di Monza (dove il bimbo si trovava già ricoverato al momento del contagio), il piccolo martire ha rapidamente riaperto il dibattito, mai davvero chiuso, sulla necessità delle vaccinazione infantili e del raggiungimento di quella “immunità di gregge” che da sola avrebbe potuto salvare la vita al bambino.

Intervistato da TgCom 24, l’assessore della regione Lombardia al Welfare ha infatti sottolineato come l’abbassamento della soglia di immunità al morbillo sotto il fatidico 95% possa porsi come causa diretta per il contagio e la morte del bimbo, mentre la pregressa condizione del piccolo paziente abbia rappresentato il terreno fertile all’interno del quale l’infezione si è rapidamente sviluppata.

Mentre il direttore dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi ha ricordato come il morbillo, anche in assenza di pregresse complicazioni, possieda un coefficiente di mortalità elevatissimo, pari ad un caso ogni tremila contagi, resta l’amaro in bocca per quella tragica prova del nove che sarebbe stata tranquillamente evitabile con un po’ di buon senso e con il discernimento tra verità scientifica e chiacchiera da bar.

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