19.04.2024

Causa contro banca del seme, il direttore usava il suo sperma

Nel momento stesso in cui un’aspirante madre decide di affidarsi ad una banca del seme, per ragioni legate alla solitudine amorosa o all’infertilità del partner, depone la volontà di conferire alla prole tratti somatici, genetici e caratteriali certi per affidarsi a quel caso che governa la procreazione, anche in presenza di linee guida riconoscibili legate al donatore selezionato.

I problemi sorgono quando la mano dell’uomo si sostituisce al caso e la progenie comincia ad essere “pilotata,” non sulla base dell’archivio facente riferimento ai donatori, ma in virtù di un’artefazione che porta un losco individuo a sostituire l’altrui seme con il proprio per sfruttare la sua malata volontà di disseminare di figli, ovviamente non riconosciuti, per il globo terrestre, magari nella speranza di garantirsi una sorta di immortalità simulata.

La curiosa ed inquietante ipotesi si è realmente concretizzata in Olanda, dove pare che il direttore di una banca del seme locale rimpiazzasse i campioni destinati all’inseminazione con il proprio sperma, ovviamente a completa insaputa delle pazienti e del personale medico, intento ad attuare le tecniche di fecondazione senza conoscere l’origine del materiale genetico impiegato.

La straordinaria somiglianza di 22 ex bambini, tutti nati nel corso degli anni ’80 attraverso tecniche di fecondazione artificiale realizzate presso l’istituto medico Bijdorp, ha infatti alimentato il sospetto che il dottor Jan Karbaat, recentemente scomparso, potesse essere il padre biologico di tutti quei fratellastri troppo simili per essere frutto del caso.

Recentemente riunitisi per dare vita ad una class action contro la banca del seme di Bijdorp, i 22 protagonisti della vicenda non potranno logicamente incontrare in aula il loro presunto padre biologico comune, riuscito comunque ad assurgere ad una sorta di immortalità simulata, più in virtù delle sue malefatte che per ragioni squisitamente genetiche.

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